(di Anna Venturini) Territorialità e stagionalità. Questi sono le due direttive della redazione, insomma, i soli vincoli cui devo attenermi quando scrivo per Sapori di Sicilia.
Ecco, questa settimana abbiamo votato. Abbiamo votato in Sicilia (territorialità) e abbiamo votato in autunno (stagionalità). Scherzo, naturalmente, ma l’occasione per riflettere su un paio di questioni non posso farmela sfuggire. C’è una questione di fondo: la politica, a livello globale, è morta, assassinata dall’economia. Andare a votare è un diritto, che ha il vantaggio di eliminare le lamentele compulsive, ed è un dovere, non fosse altro per rispetto dei nostri nonni, che per questo diritto hanno lottato non poco. Detto questo, giusto per cavalcare l’onda elettorale sicula, al di là del segreto dell’urna ci sono “votazioni” quotidiane che fanno di noi persone consapevoli e responsabili.
Io voto quando boicotto le multinazionali, che stanno monopolizzando e distruggendo il pianeta e condizionano ogni aspetto della nostra esistenza. Io voto quando non vado a fare la pausa pranzo da McDonald’s, ma addento un bel pane cunzatu, voto quando non uso il Round Up di Monsanto per eliminare le erbacce dal vialetto, voto quando non compro le banane Chiquita e quando non bevo l’acqua Nestlé. Io voto quando mi informo, quando scopro che dietro casa abbiamo contadini e artigiani che non sanno più come andare avanti mentre noi facciamo la spesa al supermercato, beviamo coca cola e ce ne freghiamo della Bayer.
Qualche giorno fa a Santo Stefano di Camastra sono entrata in un negozio di ceramiche diverso dagli altri. Una sala quasi vuota, dimessa, con pochi pezzi di terrecotte semplici, artigianali, fatte al tornio per l’uso quotidiano. Un signore di una certa età mi ha accolta con un grande sorriso e dopo avermi vista scegliere piatti, ciotole e tazzine, mi ha chiesto come mai ero entrata proprio nel suo negozio. Gli ho risposto che era il negozio più “vero” di tutto il paese. Sto raccogliendo materiale per un articolo sulle forme delle ceramiche popolari siciliane e la cucina tradizionale, gli spiego. Una buona scusa per collezionare brocche di ogni tipo, contenitori per le olive, per il sale e per il lievito madre, bummuli per l’acqua e ogni tipo di ciotola o piatto che abbia un minimo di storia nella tradizione culinaria siciliana. Lui mi spiega che fa piatti per tutti i giorni, che non ha sempre la stessa scelta, che riprende forme tradizionali povere e che non usa stampi e lavora al tornio. Insomma, mi dice, la mia produzione è come la verdura di stagione. Appunto. Di stagione. Mi spiega che la crisi ha fatto chiudere molte fornaci e che loro, gli artigiani, oramai “lavorano per presunzione”, una frase bellissima che racconta tutto l’orgoglio di mantenere un’attività che non è redditizia quanto potrebbe, ma che, comunque, descrive la capacità di scegliere quello che è giusto anche se non è facile, anche se non è quello che fanno tutti gli altri, anche se credi di essere solo. Dentro a quei piatti quindi metterò cibo giusto. Sceglierò alimenti del territorio, cucinerò in maniera semplice, raccoglierò le verdure dell’orto, condirò con l’olio del frantoio delle Madonie e impasterò il pane con la farina di Russello. Sarò così tanto “di stagione” e “del territorio” da sentirmi fuori dal tempo. Sarò così tanto “fuori dal tempo” da sperare in tempi migliori e combattere per realizzarli.